
Io adoro il mio fallimento, la mia raffica di fallimenti per il mondo.
Adoro le mille non-risposte ricevute metaforicamente, gli sterminati tentativi andati a male, le persone ritrovate e poi di nuovo perdute; adoro il sapere che è bene sempre tentare, anche quando perdi in partenza, perché uno come te chi sarà mai. E le varie perdite che entrano strisciando dalla porta centrale della tua vita vanno ad incrementare un senso di consapevolezza che agisce fecondo sullo sguardo: quello sguardo fiero, triste o allegro, incerto e cangiante come la vita stessa…
Il fallimento di per sé va raccontato, va fatto esistere, non deve essere pedissequamente dissimulato sotto una coltre di finzioni immaginifiche (dove “il successo”, tra parentesi, è un puro simulacro di intrattenimento adornato da like estemporanei), ma va introdotto (sempre il fallimento) nelle antologie dell’intimo pensiero, quello che sta scomparendo, quello con cui non riusciamo più a dialogare, quello che quando ci sediamo tranquilli da qualche parte viene sistematicamente ammazzato dalla calamità inquietante di uno schermo freddo e attraente, alla lunga poi così noioso e pregiudiziale che finisce sempre per rubarci tutto il tempo che ci resta.
E allora qual è la verità? che il fallimento ci rende davvero più forti?
No, non penso.
L’essere forti non è un qualcosa che agisce per accumulazione; non è un castello in riva al mare inossidabile e colmo di delusioni, ma qualcosa che agisce nel momento, nella differente situazione: perché a volte, con il lento battito del pensiero che si riscopre ancora vivo, bisogna solo sedersi da qualche parte senza distrazioni, respirare, far esplodere la propria musica preferita, e cercare in tutti i modi possibili di non mandare a quel paese il mondo intero giusto per un po’, perché di fallimenti è pieno il mondo e tu, privo di memoria ma pieno zeppo della tua storia – quella che sempre ti permette di esistere –, sei solo un piccolo granello insignificante di questo magnifico e indecifrabile meccanismo che esula da definizioni esaustive.
Il fallimento, quindi, non può che essere una cosa sana, fallo tuo, condividilo, ti aiuterà finalmente a pensare, e a combattere quel “successo” dell’uomo qualunque inventato appositamente per te affinché lo adottassi imperterrito come tuo luogo comune intossicante.
Francesco Paolo Cazzorla ( Zu Fra )
Se hai trovato interessante questo articolo “Conformista” rimani aggiornato sulla nostra pagina Facebook, oppure iscriviti alla newsletter direttamente dal nostro blog.
già, imparare a fallire è fondamentale, altrimenti la vita ti fa a pezzi…come scrisse Beckett: Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Fallisci ancora. Fallisci meglio.