Quanto siamo disuguali: Italia vs. Ocse

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 Le disuguaglianze nella distribuzione dei redditi sono solitamente misurate tramite il coefficiente (o Indice) di Gini, che è un numero compreso tra 0 ed 1. Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione abbastanza omogenea, con 0 che corrisponde alla situazione in cui tutti percepiscono esattamente lo stesso reddito, e 1 che corrisponde alla situazione dove una persona percepisce l’intero reddito del paese mentre tutti gli altri hanno un reddito nullo.

Le diseguaglianze si possono misurare sia rispetto al reddito di mercato (nei redditi di mercato rientrano quelli da lavoro dipendente, da lavoro autonomo e i redditi da capitale) che rispetto al reddito disponibile dopo i trasferimenti da parte degli enti pubblici e il versamento delle imposte. Quest’ultimo è il reddito effettivo che le famiglie possono utilizzare per i loro piani di consumo e risparmio.

È  utile effettuare un confronto sull’evoluzione dell’indice di Gini per il reddito di mercato (prima di tasse e trasferimenti) e per il reddito disponibile in Italia, Francia e Germania.  Nei tre paesi considerati la disuguaglianza di reddito è andata aumentando dagli anni Novanta ad oggi. Il Gini per il reddito di mercato e il reddito disponibile in Italia è passato dallo 0,40 del 1991 allo 0,50 del 2010, con un incremento particolarmente significativo a metà degli anni Novanta e a metà degli anni Duemila. In Germania e in Francia si è assistito ad una dinamica analoga: entrambe avevano nel 2010 un indice di Gini pari a circa 0,50.

La crescita delle diseguaglianze di mercato nei Paesi Ocse è stata determinata[1] principalmente da tre fattori:

–  La globalizzazione delle merci e dei capitali e la rivoluzione informatica, che hanno accresciuto la domanda di lavoro altamente qualificato a scapito dei posti di lavoro nella fascia medio bassa del mercato del lavoro;

–  La liberalizzazione finanziaria, che ha peggiorato la situazione modificando la distribuzione del reddito a favore del capitale (profitti e rendite) e a svantaggio di salari e stipendi;

Le riforme implementate dai governi, che hanno segmentato il mercato del lavoro e la dispersione salariale, in specie tra lavoratori a tempo pieno e indeterminato e lavoratori atipici ad elevata flessibilità.

Nonostante il verificarsi di questi fenomeni, la redistribuzione dello Stato – attraverso le imposte, ma soprattutto mediante trasferimenti monetari e servizi in natura – mantiene ancora un ruolo fondamentale per limare le disparità di reddito nelle economie avanzate. Infatti, quando si guarda al reddito effettivamente disponibile dopo l’intervento dello Stato, gli indici di Gini scendono in tutti i paesi da noi considerati di circa un quarto. Nel nostro paese, però, la redistribuzione è meno efficace di Francia e Germania: l’indice di Gini per il reddito disponibile è infatti pari allo 0,34 in Italia, contro lo 0,30 riscontrato negli altri due paesi. L’efficacia dello Stato italiano nel contrastare le diseguaglianze si è andata riducendo nel corso del tempo, in particolare dalla metà degli anni Novanta. Durante questo periodo, l’indice di Gini cresce dallo 0,30 allo 0,35, per poi stabilizzarsi su tale soglia per tutto il primo decennio del Duemila.

Nell’insieme dei paesi dell’area Ocse, l’Italia detiene il settimo posto tra quelli con indice di Gini più elevato. Il nostro paese risulta molto più diseguale rispetto a grandi paesi europei come Francia e Germania,  e appena più egalitario di Stati Uniti e Regno Unito.

Si analizzino a questo proposito i dati riportati nella tabella 1, che riguardano un arco temporale che va da metà anni Ottanta fino ad oggi. Durante questo quarto di secolo, la crescita media annua del reddito disponibile delle famiglie italiane è stata pari allo 0,8%, la percentuale più bassa tra i paesi ivi considerati. Tuttavia, mentre i redditi del decile più povero della popolazione italiana rimanevano praticamente fermi (+0,2 in media all’anno), il 10% delle famiglie più ricche ha visto aumentare il proprio reddito di cinque volte tanto (+1,1% all’anno). Dinamiche simili di concentrazione dei redditi nelle fasce più abbienti delle famiglie si osservano solo negli Stati Uniti, nel Regno Unito ed in Germania.

 

Tab. 1: Reddito disponibile delle famiglie, crescita media annua in %, 1985-2010. Fonte: Ocse, Divided We Stand, 2011

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In Italia, le dinamiche appena descritte hanno esacerbato le differenze di reddito tra i decili delle popolazione: un individuo che apparteneva al 10% più ricco della popolazione aveva nel 2010 un reddito dieci volte superiore ad un individuo che apparteneva al 10% più povero. Nel 1985 tale rapporto era pari a 8. In Germania il decile più ricco della popolazione ha un reddito pari a 8 volte quello più povero e in Francia pari a 7 volte. La media Ocse è di 9 a 1.

 

Un importante strumento a disposizione degli Stati per migliorare le condizioni dei più poveri e ridurre le disuguaglianze è quello della spesa pubblica in servizi (in natura): principalmente, educazione, sanità, servizi alle famiglie e agli anziani, edilizia sociale, trasporti. In media, i Paesi Ocse destinano circa il 13% del Prodotto ai servizi e l’11% ai trasferimenti monetari. In Italia, invece, la struttura della spesa pubblica è sbilanciata sui trasferimenti in cash (17% del PIL), mentre ai servizi è dedicato il 12% del Prodotto.

 

Tab.2: Spesa pubblica in trasferimenti monetari e in natura, in % del PIL, anno 2007. Fonte: Ocse (2011, p.311)

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I servizi pubblici sono finanziati con la fiscalità generale e di conseguenza pesano maggiormente sulle classi contributive maggiori, quelle più abbienti, limitando in tal modo il gap tra decile più ricco e decile più povero della popolazione. In Italia, grazie al contributo dei servizi in natura, tale rapporto interdecile scende del 28%., percentuale più elevata della media Ocse (26%).

Per quanto riguarda invece la diseguaglianza complessiva, i servizi pubblici contribuiscono a ridurre l’indice di Gini di circa il 20% nei Paesi Ocse. Nel caso specifico dell’Italia l’indice di Gini diminuisce notevolmente, dallo 0,32 allo 0,26.

 Tuttavia, secondo l’Ocse (2011, p.329), l’impatto redistributivo dei servizi pubblici in natura, in Italia, si è attenuato sensibilmente durante i primi anni duemila, a seguito dei tagli a cui sono stati sottoposti. In particolare, all’inizio del nuovo secolo essi contribuivano a ridurre le diseguaglianze di reddito di un quarto, mentre nel 2007 tale effetto perequativo era del 6% inferiore.

 

 Tab. 3: Impatto dei trasferimenti monetari (cash) e dei servizi pubblici (extended income) sulla riduzione delle diseguaglianze (Indice di Gini), anni 2000 e 2007. Fonte: Ocse (2011, p.329)

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Alla luce di queste considerazioni, si può concludere che il taglio della spesa pubblica per finanziare l’abbattimento della tassazione su imprese e famiglie – annunciato dall’attuale ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan –  avrà effetti negativi sulla distribuzione del reddito, e quindi deprimerà ulteriormente domanda e prodotto.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

I dati riportati nel testo sono estratti dal Rapporto Ocse “Divided We Stand: Why inequalities keeps rising” del 2011 e scaricabile al seguente link:

http://www.sozialministerium.at

 

Federico Stoppa 

 

 

 

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