Un pensiero su “Di quanti amici abbiamo bisogno?

  1. AMICIZIA

    di Fausto Corsetti

    Quante volte iniziamo e terminiamo la giornata in solitudine, avendo come unico compagno di viaggio noi stessi e il nostro lavoro o studio? E quante volte anche un incontro veloce con un nostro amico o un sms che ci arriva mentre siamo di ritorno in auto, in treno, seduti soli o accanto ad un finestrino che l’ultima volta di mattina era illuminato dal sole e ora è buio…ci fa sobbalzare e sorridere?
    Non si può vivere senza l’amico o l’amica; gli amici sono il tesoro più bello che esista. Non puoi stare senza averli sentiti per un giorno intero…
    Nella vita sciatta di tutti i giorni noto spesso, però, con triste ripetizione lo sbandieramento quasi sfrontato – e a tratti cafone – di inutili trofei di relazioni, segno dei tempi; brutte copie di un sentimento che non s’incontra più: amicizia?
    Più la gente disconosce principi e valori o, comunque, carica di valori inconsistenti la propria quotidianità, più la società diventa di massa, più l’amicizia diventa difficile e impraticabile. A meno di non intendere con questa parola amori che non si ha il coraggio di intraprendere, rapporti di coppia resi esangui dall’abitudine, conoscenze utili a scambi di favore, relazioni un po’ ipocrite e un po’ convenzionali nella speranza che un giorno possano tornare vantaggiose.
    Ho l’impressione che oggi si sia quasi dominati da una sorta di grammatica delle relazioni basata esclusivamente sul “singolare” e il “plurale”.
    Nel “singolare” incontriamo la solitudine del nostro intimo che vagheggia mondi e ideazioni che mai avremmo il coraggio di rivelare in pubblico, che si inabissa in dolori che la buona educazione ci induce a non manifestare, a tacere; che si esalta in entusiasmi che sfuggono a ogni misura e moderazione. Conosciamo quello che nel pubblico verrebbe additato come eccesso o follia. Anche se è proprio questa follia a darci vita, senso e coraggio.
    Al “plurale” dobbiamo dar prova di sano realismo che ci chiede di stare ai fatti, di controllare le emozioni, di misurare le parole, di essere più una risposta agli altri che propriamente noi stessi. E tutto questo per essere accettati, riconosciuti, identificati, e nei casi estremi persino applauditi.
    Ma l’amicizia non abita il “singolare” e il “plurale”, perché conosce unicamente il “duale”, categoria grammaticale con cui gli antichi Greci coniugavano le loro forme verbali quando il discorso era fra due, carico di quella valenza simbolica del linguaggio, che ben conoscono gli innamorati in quel breve periodo in cui non riescono a concepire se stessi senza l’altro.
    Tra l’anonimato del pubblico e la solitudine del privato, l’amicizia, che abita il “duale”, consente di comprendere tutte quelle eccedenze di senso che nel segreto la nostra anima crea. Eccedenze che in pubblico potrebbero apparire come segni di follia, mentre nell’ascolto accogliente dell’amicizia possono dirsi e, invece di restare soffocate e inespresse, svelare la nostra intima verità. Per questo, penso, non si possono avere molti amici, ma soltanto quei pochissimi che corrispondono alle sfaccettature della nostra anima, a cui svelare il nostro segreto che l’altro segretamente custodisce.
    Non solo per confidarci, cercare consenso o conforto, ma anche e soprattutto per vedere che cosa nella comunicazione duale il segreto ha da svelarci. Silenziosamente, a poco a poco, incontro dopo incontro. Perché così chiede il ritmo dell’anima, che vuole mostrarsi e insieme custodirsi, per non spegnere le sue creazioni e nello stesso tempo non disperderle nel rumore del mondo.
    Se questa è l’amicizia, spesso la nostra cultura, così incline solo all’anonimato del pubblico e alla solitudine del privato, non è la più idonea a favorire quell’incontro a tu per tu con quello sconosciuto che ciascuno di noi è diventato a se stesso, e che lo sguardo accogliente dell’amico potrebbe iniziare a raccontare e a delineare nei contorni. Perché in fondo è proprio la scoperta di noi stessi che l’amicizia favorisce, propizia, accoglie.

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