
È difficile capacitarsene, ma quando per esempio ci riposiamo un giorno, e quel giorno non era previsto sulla tabella di marcia della nostra “normale produzione giornaliera”, tutto pare scombussolato: mal di testa inspiegabili, difficoltà a ricominciare, perdita del senso “normale” delle giornate: è come se il riposo tanto agognato avesse avuto l’effetto contrario, e cioè quello di debilitare. In realtà questi non sono effetti sconclusionati. Non è qualcosa che ci capita e basta. Una spiegazione – seppur complicata e gravida di implicazioni – esiste, e si chiama “capitalismo 24/7”, ovvero: l’immersione, senza tregua, in un sistema sociale che di sociale o umano ha ormai poco o nulla, e ci abitua quindi a vivere come estraneo ciò che invece dovrebbe essere “naturale”, come l’alternanza ciclica tra il giorno e la notte, tra la veglia e il sonno. Quindi un giorno festivo di riposo, che cade in mezzo alla settimana, può tranquillamente sconquassare le “normali” routine che integrano le persone – e quindi le loro sfere vitali – ai bisogni del mercato.
Il capitalismo 24/7 allude ad una continuità senza freni, senza pause, senza attrito; una vita vissuta appunto 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Fa riferimento ad un presente paludoso e vacuo, un presente indifferenziato che, non potendo ospitare e rielaborare allusioni o tracce del passato, s’impantana nella costruzione immaginifica del futuro. “Il 24/7 è l’annuncio di un tempo senza divenire, sottratto a qualunque delimitazione concreta o riconoscibile, un tempo senza ritmo sequenziale o ricorrente. Nel suo carattere perentoriamente riduttivo, è la celebrazione di un presente allucinato, di un inalterabile permanenza fatta di operazioni incessanti, senza attrito. È una conseguenza della trasformazione della vita sociale in realtà tecnicamente manipolabile.”
Dai piccoli o grandi negozi sempre aperti, al bagliore interminabile di città tentacolari – un misto di illuminazione ad alta intensità e smog – , che fanno da contrasto all’oscurità necessaria del riposo fisiologico; dalla possibilità di rimanere sempre connessi ad un dispositivo elettronico – che è diventato, in pratica, una specie di protesi irrinunciabile –, al fatto che, oramai, seppur risulta naturalmente impossibile lavorare, fare acquisti, chattare, bloggare, consumare immagini per una durata 24/7, non esiste oggi alcun momento, luogo o situazione in cui non sia possibile fare tutto questo. Ecco perché si può affermare con certezza che “è in corso un attacco inesorabile da parte del tempo 24/7 contro ogni aspetto della vita sociale e individuale”.
In effetti, se ci si ferma un attimo a pensare, le necessità umane basilari come la sete, la fame, l’impulso sessuale, sono state colonizzate e saccheggiate dal capitalismo, che ce le ripropone sovrabbondantemente nelle sue forme mercificate e finanziarizzate. Anche il bisogno di amicizia, che è emerso negli ultimi decenni da una condizione di solitudine esistenziale generalizzata, non fa più eccezione. Ogni aspetto della vita che risulta per definizione insondabile, vago e sfuggente, è stato imbrigliato – per diventare quasi del tutto dipendente – ai voleri perentori dei “liberi” meccanismi del mercato.
L’unica frontiera sociale rimasta è il sonno, l’ultimo vero baluardo che può ancora sfuggire al controllo – e al tentativo di manipolazione – di un sistema che, per sua natura, fagocita tutto non potendo limitare se stesso. Il sonno paradossalmente è docile, non risponde, ma allo stesso tempo vanifica, rendendo sterili le istanze della società del consumo.
“Il sonno interrompe risolutamente il furto di tempo che il sistema capitalistico compie ai nostri danni. […] pone il problema di un bisogno umano che si può soddisfare solo in un certo intervallo di tempo e non può quindi essere asservito e aggiogato a una macchina per fare profitti, offrendosi così come un’incongrua eccezione, una vera e propria area di crisi nell’ambito della attuale globalizzazione. Malgrado tutta la ricerca scientifica svolta nel settore, rimane una realtà che confonde e vanifica qualunque ipotesi di sfruttamento o di ristrutturazione strategica nei suoi confronti. Per quanto sconvolgente e inconcepibile sia, la verità è che non se ne può estrarre alcunché di valore.”
Nonostante l’inappuntabilità di queste ultime considerazioni, il sonno oggi è costantemente sotto assedio. Il detto che ci insegnavano a scuola, per il quale “un terzo della vita si dorme”, perde definitivamente il suo status di inattaccabilità, essendo continuamente messo in discussione. Si è passati, infatti, dalle dieci ore di sonno dei primi anni del novecento (una cosa oggi impensabile), alle otto ore di qualche decennio fa, fino ad una media di sei ore e mezzo nei nostri giorni attuali.
È ormai un dato di fatto che tantissime persone interrompano, con una naturalezza sconvolgente, le ore di riposo durante la notte, dando magari un’insensata occhiata al cellulare, controllando la casella di posta elettronica, vedendo cosa accade ai mercati finanziari “già svegli” dall’altra parte del mondo. E questo continuo accesso, su queste finestre sempre aperte, provoca una stimolazione tanto eccessiva che mette in difficoltà – ritardandola – la ripresa del sonno. Quest’ultimo, quindi, sta appartenendo sempre di più ad una realtà dove non è più presente il tasto off, come quando i nostri dispositivi digitali non sono mai spenti, ma vengono lasciati in uno stato di utilizzabilità a bassa energia: le operazioni e le accessibilità vengono semplicemente differite, o ridotte.
Sembra passato tantissimo tempo da quando i primi cellulari contemplavano l’opzione della sveglia nonostante fossero stati spenti. Oggi, probabilmente, cellulari di questo tipo non vengono più prodotti deliberatamente, e dietro la perenne “rivoluzione” di nuovi prodotti digitali che “ci cambieranno la vita in meglio” c’è un vuoto storico talmente desolante – dovuto ad un memoria atrofizzata – che non ci consente più di ricordare cosa che è accaduto nel frattempo. Così, mentre il passato non serve più, il futuro non può essere immaginato: il tempo accelerato di un cambiamento apparente rende impossibile riferimenti ad un quadro più ampio, uno scenario condiviso collettivamente che possa sostenere anche una vaga anticipazione di un futuro diverso che verrà.
Dunque, in un tale stato di transizione permanente, non si arriverà mai ad un punto di svolta storico: non è previsto, per esempio, alcun un punto di arrivo; nessuna epoca futura dove miliardi di persone abbiano le stesse conoscenze di base e siano dotate delle stesse competenze tecnologiche. L’unico elemento coerente in questo lungo limbo pare essere una continua e progressiva integrazione del tempo e delle attività degli esseri umani all’interno di piattaforme in cui siano possibili degli scambi elettronici. “Ogni anno vengono spesi miliardi di dollari per cercare di ridurre il tempo occupato dai processi decisionali ed eliminare del tutto il tempo inutile della riflessione e della contemplazione. Sono queste le modalità in cui si realizza il progresso nell’epoca contemporanea, attraverso il tentativo inesorabile di imbrigliare e sottoporre a controllo sia il tempo che l’esperienza degli esseri umani.”
Atteggiamento passivo, neutralizzazione, impotenza politica, egoismo compulsivo, acquiescenza autismo e isolamento sociale: questi non sono gli effetti collaterali di un sistema economico 24/7, globale e finanziarizzato, ma sono alcune delle sue principali finalità. I bisogni individuali apparenti vengono creati a dismisura e impiantati in dispositivi che non sono più il mezzo per conseguire qualcosa, ma diventano dei modelli ontologici dominanti fine a se stessi nella realtà sociale di ciascuno individuo. Ecco che allora “i ritmi incalzanti del consumo di nuove tecnologie sono strettamente correlati all’esigenza di un’autoamministrazione permanente. Ogni nuovo prodotto o servizio viene presentato come un aiuto fondamentale alla gestione burocratica dell’esistenza e vi è un numero in costante crescita di routine e di operazioni che vanno a popolare la nostra vita senza che nessuno le abbia davvero scelte”.
Controllare il conto bancario e fare operazioni su un’applicazione diventa la stessa cosa che “gestire” le proprie amicizie su una piattaforma digitalizzata, dissolvendo così caratteristiche proprie e temporalità differenti di aree dell’esperienza umana che dovrebbero essere completamente separate fra loro. Il tempo del lavoro e il tempo della vita, per esempio, non hanno più un confine che le distingue: nel mondo della vita quotidiana continuano a frapporsi incursioni, fratture di un altro mondo che rende il privato una cosa pubblica, e dove si indeboliscono sempre di più le condizioni di una privacy che è diventata impossibile: siamo perennemente esposti a infinite raccolte dati che poi verranno elaborate per essere vendute al primo acquirente sul mercato. Tutto ciò che facciamo in rete viene tracciato e sottoposto ai meccanismi di sorveglianza che appartengono, inequivocabilmente, ad una società del controllo.
In un mondo che tratta la dipendenza dagli altri come una condizione vergognosa, il sonno è qualcosa di indispensabile per mettere in discussione il luogo comune secondo cui dipendenza e indipendenza sono in opposizione. “Infatti noi accettiamo quasi senza pensarci l’idea di un contrasto tra un io debole e un io forte e indipendente. Ma questa opposizione appiattisce la realtà. Una persona sanamente fiduciosa in se stessa [non è affatto così indipendente], ma è capace di contare fiduciosamente sugli altri quando le circostanze lo esigono, e di sapere su chi è giusto contare”. “Il sonno, dunque, è una delle poche esperienze rimaste in cui, consapevolmente o meno, ci abbandoniamo alle cure altrui.”
È vero, può sembrare un’esperienza solitaria e privata, ma è proprio questo che le consente di rimanere avvinghiata alla fitta trama delle relazioni umane di mutuo supporto e di fiducia, proprio perché, nella sua intima vulnerabilità, è una condizione comune a tutti. Il sonno come ultima enclave in un mondo rapace e distruttivo può divenire quindi il simbolo della capacità di resistenza della vita sociale, ispirando altre esperienza analoghe che si trovano ai margini e che la società potrebbe utilizzare come modelli di protezione o difesa.
Il tema del sonno si ricollega in questo modo alla coesione sociale, nella relazione di reciprocità che esiste tra vulnerabilità e fiducia, tra esposizione e protezione. “Centrale è il concetto di dipendenza dalla responsabilità altrui perché sia possibile la serenità ristoratrice del sonno, in quell’intervallo di tempo in cui si è liberi dalle paure e si può provare una temporanea <<amnesia del male>>”.
Forse è proprio dal sonno, dalla sospensione improduttiva del suo tempo nell’attesa, che è necessario fare luce su altre esperienze della vita quotidiana che hanno il dovere di resistere alla continua mercificazione a cui sono soggette. E quindi preservare i momenti anonimi, le sequenze di attimi non controllati dal digitale dei mercati; rendersi conto di momenti significativi che non sono segreti, ma diventano “pericolosi” perché si sottraggono alla logica dell’evento quotidiano sugli schermi. Questo consentirebbe di re-instaurare delle nicchie tutte nostre contro il saccheggio e l’umiliazione di quegli atti di pura condivisione che, da tempi immemorabili, hanno sempre gratificato e soddisfatto gli appetiti umani, a prescindere dall’invenzione continua e smisurata di nuovi bisogni apparenti, che servono solo a venderci nuovi ed ulteriori prodotti (digitali e non) e a renderci meccanismi indispensabili del mercato.
E forse, in ultimo, è proprio da qui, dal sonno come esperienza quotidiana, che nascono i contorni di un sogno che supera tutti gli altri: “quello di un mondo per tutti il cui destino non sia segnato, un mondo senza miliardari, che abbia un futuro diverso dalla barbarie del postumano e in cui la storia possa assumere altre forme rispetto agli incubi reificati della catastrofe”.
Francesco Paolo Cazzorla ( Zu Fra )
Riferimenti
Jonathan Crary, “24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno”, Einaudi, 2015.
Richard Sennett, “L’uomo flessibile. Le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale”, Feltrinelli, 1999.
Se hai trovato interessante questo articolo “Conformista” rimani aggiornato sulla nostra pagina Facebook, oppure iscriviti alla newsletter direttamente dal nostro blog.
Un pensiero su “Il sonno, ultima enclave di un mondo 24/7”