
Quella che intendo scrivere è una breve riflessione insatura, basata sulla mia esperienza nel frequentare i social network, facebook in particolare. È sotto gli occhi di tutti come i social siano diventati dei poli virtuali di aggregazione, che hanno in parte preso il posto dei tradizionali luoghi di ritrovo e di scambio come il bar, il parrucchiere, la palestra, la chiesa. Prima di internet ci si poteva incontrare solo nei luoghi fisici, e la scelta di questi era già di per sé un indicatore delle appartenenze delle persone. Le persone infatti tendono ad aggregarsi secondo interessi e valori simili: gli appassionati di sport si ritrovavano al bar per condividere la propria passione, i credenti si trovavano nelle chiese per pregare lo stesso Dio, e gli appartenenti ad una corrente politica si davano appuntamento nei circoli e così via.
Anche sui social troviamo qualcosa di simile, infatti su facebook sono presenti un’infinità di gruppi che raccolgono persone secondo i più disparati argomenti e passioni: gruppi di studenti che si scambiano informazioni sugli esami, gruppi che trattano di filosofia, di politica, di sport, di città, di viaggi, di architettura, e una vastissima parte dedicata al puro cazzeggio. A differenza dei luoghi fisici, che si pongono con i loro limiti spaziali, su facebook è possibile che si incrocino sotto la notizia di un quotidiano un numero esorbitante di profili dalle appartenenze più disparate. Va da sé che nella realtà fisica non potrebbe esistere, per esempio, un bar dove si aggreghino migliaia di persone divise per credo religioso, politico e retaggio antropologico, per commentare una notizia di cronaca.
Quindi i social network hanno fornito la possibilità di mettere in contatto virtuale migliaia e migliaia di persone dalle provenienze più diverse. Crollano quindi i muri della distanza e diventano possibili infiniti incontri, che molto spesso si trasformano in scontri. Apparentemente facebook elimina le differenze e rende possibile a tanti musulmani parlare con tanti cristiani, a persone di destra parlare con persone di sinistra. Però è proprio questa dissoluzione delle caratteristiche e delle appartenenze che rende difficile un dialogo rispettoso, laddove quest’ultimo avviene sempre nel riconoscimento delle differenze e non nella negazione delle stesse. Di solito infatti il contesto ci aiuta a relazionarci con gli altri: parlare in un ufficio, o al bar, o ad una cena di amici non è la stessa cosa, e tutto questo manca sul web. Aggiungiamo anche che sul web esiste la possibilità di nascondersi dietro una tastiera, per cui molti si trasformano in un lampo in leoni da tastiera, ed altri utilizzano la rete come valvola di sfogo di frustrazioni personali.
In questo contesto virtuale accade che molti possano incontrarsi (e scontrarsi) per la prima volta con persone diametralmente differenti tra loro, che nella realtà non avrebbero mai incontrato, semplicemente perché si frequenta per abitudine un numero limitato di luoghi in cui si incontra un numero limitato di persone (non valgono gli aeroporti e la metropolitana, che sono definiti non luoghi, dove quindi non si incontra nessuno). Succede così a molti di sperimentare l’esistenza di persone che la pensano diversamente da sé sui temi più disparati: sui vaccini, sulle scelte del governo, sulle notizie di cronaca nera. Questo fa sì che ci si trovi sempre più spesso a contatto con l’alterità, molte volte però senza poterla pienamente comprendere, perché depurata dal contesto e dalle appartenenze che ne caratterizzano le ragioni e l’assetto. Diversamente facebook diviene uno strumento di arricchimento per chi è disposto, se non altro, a tenere presente che esistono infinite idiosincrasie, a cui ci mette sempre di fronte l’incontro/scontro con l’alterità.
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