
Per la commemorazione del giorno della memoria, Rai Storia ha dedicato la puntata de Il tempo e la storia alla zona grigia teorizzata da Primo Levi. Nel corso della trasmissione si è detto che la vera natura umana viene svelata grazie al lager, in quanto una fetta degli internati ha perpetuato il trauma sugli altri prigionieri. Si rischia però di fare un’affermazione scivolosa, forse il risultato segretamente sperato dai nazisti. Secondo Primo Levi la natura umana viene “scoperchiata” dal funzionamento del lager, in quanto ogni inibizione e pudore viene a mancare e le persone diventano capaci di tutto. Infatti il prigioniero dei campi di concentramento è portato ad imbrogliare, a rubare e a uccidere pur di sopravvivere e di salvarsi la vita. Molti di questi prigionieri vanno a costituire quella parte che Levi chiama la zona grigia. Quindi chi si salva è certamente peggiore di chi viene sommerso.
Di contro l’uomo che vive fuori dai lager sarebbe protetto da “correttivi” quali la famiglia, il conto in banca, la solidarietà dei rapporti, che lo terrebbero al riparo dal compiere comportamenti abominevoli. A questo punto, viene da chiedersi se lo stesso lager non funzionasse a sua volta da “correttivo”, considerato che le regole imposte dai nazisti premiavano chi faceva la spia o chi calpestava senza pietà i propri simili. Anche se può suonare come un ossimoro, si può dire che i valori portati avanti nei campi erano valori profondamente antisociali.
Ovviamente lo stesso Levi era consapevole del fatto che la realtà che si costituiva nel campo di concentramento non fosse una realtà naturale, ma qualcosa di artificiale, intenzionalmente pensato e costruito. Ciononostante, parlare di natura umana è sempre difficile perché si rischia di scivolare ora verso l’idea che l’uomo sia “per natura” buono e altruista, ora verso una visione dell’uomo individualista, al limite malvagia o sadica. In ogni caso si rimane irretiti dentro un’ideologia, e non ci si accorge che l’uomo sia capace tanto di fare il bene, quanto il male. Non è un caso se i migliori film sull’olocausto, come Schindler’s List o La vita è bella, pongono in questo contesto infernale personaggi e azioni buone e positive. Vogliono ricordarci che anche nei momenti più bui della storia può esistere una luce che brilla nelle tenebre e una speranza per cui credere ancora nel genere umano.
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Ho letto l’interessante articolo del Dott. Filippo Gibiino e condivido, completamente, le conclusioni a cui l’Autore è pervenuto.
Dott. Giorgio Moneti, grazie davvero per l’apprezzamento.