Non sembra di essere su di un’ isola
anche se la popolazione autoctona si sente isolana
La loro parlata è impregnata di un localismo stretto orgoglioso e identitario
ma la globalizzazione certo tocca anche qui
Per le strade formicolanti è anarchia
ma i loro flussi seguono comunque dei ritmi consapevoli
Quasi ogni cosa viene dichiarata collusa
collusa con uno stato altro
ma questa condizione viene vissuta come normale quasi scontata
è un fatto di mille fatti ancora
uno stato ufficiale e inerme
un altro ufficioso e operante
Prelibatezze culinarie
genuine corpose e sterminate
c’è l’imbarazzo della scelta
il sole ciba il fertile terreno
che a sua volta alimenta i suoi frutti gustosi
La montagna vulcano imponente e svettante
un cuore impaziente
sfoga ricchezza incandescente
ma potrebbe anche eruttare paure deliranti
giacenze di derrate alimentari d’urgenza
container enormi e soleggiati
la prudenza non è mai troppa
La costa di levante è frastagliata
nasconde solo meraviglie
le piccole insenature riescono ad abbracciare il nulla e l’infinito assieme
Le luci la notte conservano il calore del giorno
le loro intermittenze a distanza pulsano di una vitalità quasi festosa
Santi e Marie preceduti da una W
questi loro nomi a neon custodiscono luoghi sacri
cattedrali e baldacchini esterni di preghiera col megafono
per ogni dove
E poi il respiro
quel respiro mozzato da quella striscia di terra venuta a mancare
salvezza forse condanna
unità isolazionismo
raccoglimento nella distanza
popolo caloroso e ospitale
anime ribelli
da sempre conquistati ma conquistatori di cuori musica e poesia
una fra le patrie della più audace letteratura
La diversità è ricchezza
il meticciato va preservato
la similitudite può creare mostri
E poi l’isola delle correnti
il punto più estremo a sud
un sud di crocevia d’acque differenti
che si mescolano
e lambiscono una nazione tutta che alla fine
sempre e comunque dalla fine
non può che partire da qui
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Francesco Paolo Cazzorla ( Zu Fra )