Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) ha raggiunto in Italia livelli record salendo a giugno 2013 al 39,1%. Secondo una recente indagine OCSE, l’aumento è attribuibile essenzialmente ai ‘neet’ (not in employment, education or training), ovvero ragazzi che non lavorano né sono occupati in attività di formazione e che sono arrivati a rappresentare il 21,4% della popolazione italiana.
Questi sono certamente dati preoccupanti, che riflettono un profondo disagio economico-sociale e che richiedono celeri soluzioni. Tra queste, si sta facendo via via sempre più solida l’idea che la creazione di start up innovative possa svolgere un ruolo cruciale nella lotta alla disoccupazione giovanile. La convinzione nasce dallo studio del caso di successo Israeliano che ha fatto della start up la propria ragione di crescita e sviluppo.
Israele infatti, sebbene continuamente coinvolto in un conflitto acceso da decenni, è diventato il paese con il più alto numero di società tecnologiche quotate al Nasdaq e con il più alto numero di brevetti hi-tech medici pro capite, assicurandosi così un giro d’affari di 12,6 miliardi di dollari pari al 6,5% del Pil. La cosiddetta Silicon Wadi è attualmente capace di generare 120mila posti di lavoro (il 4% della forza lavora nazionale) e vale più del tradizionale settore delle infrastrutture industriali (6,8% del Pil)[1].
Se torniamo invece in Italia, vediamo che le imprese guidate da ragazzi under 30 sono di poco superiori alle 515 mila unità e rappresentano poco più del 5% sul totale[2]. Questo entra in forte contrasto con i dati dell’esperienza israeliana: perché tanta disparità? Probabilmente una risposta può essere fornita dalle le principali barriere all’ imprenditorialità giovanile italiana:
- Poca educazione all’imprenditorialità e assenza di formazione adeguata: a livello sia scolastico che familiare i giovani non sono incoraggiati, né tanto meno preparati, ad intraprendere la strada dell’imprenditoria. Docenti e genitori molto spesso non hanno una visione aggiornata del contesto socio-economico delle nuove generazioni, per cui vengono solitamente a mancare momenti di contatto con le realtà aziendali durante il percorso formativo del giovane. In un contesto educativo sarebbe utile strutturare l’attività didattica in modo tale da prevedere simulazioni in classe ed intensificare la partecipazione a tirocini e stage durante la stagione estiva. Investire nell’alta qualificazione e nella creazione di un solido network università-impresa potrebbe certamente essere un ulteriore aiuto;
- Mancanza di fondi: è risaputo che i giovani imprenditori tendano ad incontrare una maggiore difficoltà nel reperimento delle risorse finanziarie e che la situazione sia peggiorata a causa della crisi economica. Sarebbe utile pertanto iniziare a parlare di strumenti quali contributi economici regionali e nazionali per le giovani aziende, cercando di evitare di cadere in dinamiche poco trasparenti legate alla speculazione nel settore. Altri strumenti potrebbero essere programmi di finanziamento a tasso agevolato, agevolazioni fiscali per investimenti in settori R&D o per aziende destinate ad esportare e capaci di creare occupazione nel tempo:
- Eccesso di burocrazia: la ridondanza e il continuo mutamento della materia normativa non fa che scoraggiare la nuova imprenditorialità, allungando i tempi ed incrementando i costi;
- Crisi dei valori: l’Italia è diventata sfortunatamente una nazione concentrata eccessivamente sul breve periodo che ha perso l’obiettivo del lungo. E’ necessario ribaltare questa concezione ed iniziare ad improntare una ricerca orientata al lungo termine. Inoltre sarebbe opportuno un ritorno alla professionalità, all’etica, allo spirito di sacrificio e all’intraprendenza.
Di conseguenza, se da una parte all’Italia come Stato, si chiedono maggiore stabilità politica, trasparenza, efficienza del sistema normativo oltre che legale, una visione di lungo periodo e una maggiore propensione a scommettere sull’imprenditoria giovanile al fine di alimentare la ripresa del Bel Paese, dall’altra si chiede ai giovani italiani uno sforzo a non lasciarsi trasportare da questa ondata di sfiducia che sta attraversando lo Stivale. Pensare che si sia ormai innescata una spirale inarrestabile destinata solamente a peggiorare le condizioni attuali non porterà ad altro se non a far degenerare il tutto.
L’inversione di rotta invece inizia proprio da noi.
Roberta Ettamimi
Collaboratrice Incubatore – The Hive
[1] Fonte: Start-Up Nation di Dan Senor e Saul Singer.
[2] Fonte: Unioncamere – Infocamere, Movimprese.