Mito Berlino

Josef Paul Kleihues
Josef Paul Kleihues

Perché Berlino?  Perché questa capitale all’apparenza fredda e distaccata rapisce i visitatori come nessun’altra città, tanto da far avvertire così forte la necessità di scrivere di lei?

Berlino è esteticamente brutta. In una classifica ideale delle capitali europee, si collocherebbe ben dietro a Roma e Parigi.  Non ci sono grandi cattedrali neogotiche da osservare in silenzio, terrorizzati, né gioielli architettonici del passato che si ha l’obbligo di fotografare. Non è una città eterna: tutto è in continuo divenire. Tutto si crea e si distrugge continuamente: ci sono cantieri aperti ovunque. Catturare la fisionomia attuale di Berlino e prevederne la traiettoria di sviluppo futura è quasi impossibile.

Berlino è piena di contraddizioni. Cosa c’entra il Modernismo di Potsdamer Platz con il realismo socialista di Karl-Marx-Allee ed Alexander Platz? Come è possibile conciliarli nello stesso tessuto urbano? Ma è solo riflettendo sulla giustapposizione di stili differenti, quasi antitetici, che si coglie l’essenza di questa città, la filosofia che l’ha informata, dopo l’evento con cui è terminato il secolo breve: la caduta del Muro.


Il collasso del socialismo in salsa prussiana non ha trasformato la città, come accaduto altrove, nel palcoscenico del capitalismo selvaggio
. I capitali stranieri affamati di spazi urbani a buon mercato su cui cementificare ed estrarre rendite sono stati tenuti lontani. Le autorità pubbliche avevano un progetto ambizioso in mente: fare di Berlino la città paradigma di un nuovo modello di sviluppo. Trasformarla nella capitale della cultura alternativa e della sostenibilità ambientale del XXI secolo. Hanno così chiamato i migliori architetti in circolazione (Renzo Piano, Hans Kollhoff, Norman Foster), hanno puntato su una politica di attrazione delle migliori menti creative, a cui è stato concesso di dare sfogo al proprio estro riqualificando interi quartieri distrutti o abbandonati.


La diversità di questa città rispetto alle altre grandi metropoli europee emerge quando si ragiona di crescita economica, di benessere, di qualità della vita
.  Secondo il parametro che viene più spesso utilizzato dagli analisti economici per misurare il benessere sociale – il prodotto interno lordo pro capite – Berlino è una città povera, con quasi il 20% dei suoi abitanti che vive sotto la soglia di povertà. Eppure, appena ci si allontana da una concezione di benessere centrata unicamente sulle disponibilità finanziarie e sull’ammontare dei beni e servizi che è possibile consumare sul mercato e si prendono invece in considerazione le opportunità sostanziali che le persone hanno di condurre le vite che preferiscono, le cose cambiano. A Berlino è ampia l’offerta di beni pubblici ( parchi, centri ricreativi, asili) e di infrastrutture di mobilità sostenibile ( l’enorme reticolo di piste ciclabili); sono minimizzate le esternalità negative causate dallo smog e dalla congestione automobilistica (solo 300 cittadini su 1000 possiedono una macchina, contro i 699 di Roma, i 600 di Stoccarda e Monaco; il 25% degli spostamenti nelle zone centrali avviene in bicicletta), In più, un welfare intelligente garantisce a tutti un minimo di base per condurre una vita dignitosa (alloggio, cure, accesso gratuito ai mezzi pubblici).

Berlin Topdown Berlin Deutschland/Germany [DE] Blick vom Fernsehturm hinunter zum Alexanderplatz und der Weltzeituhr. [EN] View from the TV tower down to Alexanderplatz and the World Clock. more: www.tomkpunkt.de and: www.flickr.com/photos/tomkpunkt
Berlin Topdown by Tom Kpunkt

La frenesia produttiva, la corsa all’arricchimento e il consumismo compulsivo, che sono la cifra delle grandi metropoli occidentali, sono state qui rigettate. Berlino è stata plasmata con il meglio del pensiero eterodosso del Novecento. I suoi intellettuali di riferimento sono il Karl Marx libertario e antidogmatico dei Manoscritti giovanili (1844), i filosofi critici dell’ottimismo tecnoscientifico della Scuola di Francoforte (Adorno, Horkheimer, il Marcuse dell’Uomo ad Una Dimensione), il fondatore dell’economia ecologica Karl W. Kapp e l’Enrico Berlinguer meno letto, meno addomesticato e certo più attuale, quello del discorso sull’Austerità del 1977. Un socialismo libertario abbinato ad un ecologismo consapevole e non di facciata, un’atmosfera cosmopolita, un miscuglio di culture che non si traduce in una polveriera ma in un reciproco scambio di idee. Ecco il valore aggiunto di questa città. Berlino è la città europea con più immigrati di origine turca; ma non ci sono ghetti, non ci sono tensioni con il resto della popolazione, ma piuttosto un fecondo confronto politico e culturale. Quando penso ad un luogo che è stato capace di impedire la diffusione della cultura neoliberista nelle menti dei suoi cittadini – il cui corollario, ben visibile dappertutto, è stato la scomparsa di ideali collettivi a vantaggio della rivendicazione di qualche minuscolo diritto individuale, l’indifferenza per il destino altrui, la mercificazione dell’ambiente e dei rapporti umani –  la prima città che mi viene in mente è Berlino. Questo nonostante la città abbia archiviato con sollievo e liberazione la tragica esperienza del comunismo reale.

L’esperimento di vivere in maniera alternativa sembra riuscito. Lo dimostrano le dinamiche occupazionali, la struttura demografica, il dinamismo culturale, i numeri sul turismo. Ma il futuro è aperto a qualsiasi sviluppo, niente può essere dato per scontato. Di sicuro, in questo secolo in cui la competizione non è più tra paesi ma tra città, Berlino parte in vantaggio: può diventare quello che era Parigi negli anni Venti.
Molto meno bella esteticamente della capitale francese, certo, ma con un fascino e una potenza emotiva altrettanto straordinari, che le derivano dall’aver “resistito e vinto contro tutto e contro tutti: contro la storia e contro la geografia, contro gli orrori del nazismo, contro mezzo secolo di guerra fredda e l’ottusa crudeltà del socialismo prussiano” (Bolaffi, Cuore Tedesco, 2013, p.165). Berlino è oggi qualcosa di completamente diverso da qualsiasi altra città europea, lo si avverte subito. E’ forse più un luogo dell’anima, un orizzonte a cui tendere, che un posto reale.

Wings of Desire - Wim Wenders Stiftung

“Non potrei dire chi sono, non ne ho la minima idea! Sono qualcuno che non ha origini, né storia, né Paese e ci tengo! Sto qui, sono libera, posso immaginarmi tutto. Tutto è possibile. Non ho che da alzare gli occhi e ridivento il mondo.”  Il Cielo sopra Berlino, regia di Wim Wenders, 1987

Federico Stoppa

Editing grafico a cura di Edna Arauz

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